Secondo uno studio retrospettivo presentato durante il congresso annuale dell’AOFAS, la paura è un fattore che gioca a sfavore di pazienti con un alto livello di attività pre-frattura.
Nelle scorse settimane si è tenuto a Vancouver, in Canada, il congresso annuale dell’American Orthopaedic Foot & Ankle Society. Tra le tante relazioni tenute, ce n’è una che riguarda la frattura di caviglia e il ritorno alle attività quotidiane, tenuta da Steven M. Hadley Jr, uno studente del secondo anno della Northwestern University Feinberg School of Medicine.
In questo speech, Hadley mostra i dati di uno studio retrospettivo condotto con alcuni colleghi su 703 pazienti trattati chirurgicamente per riparare una frattura di caviglia e con minimo un anno di follow-up.
Per aumentare le informazioni inerenti il ritorno alle normali attività quotidiane, Hadley e colleghi hanno sottoposto al campione un questionario. 218 pazienti hanno risposto. Analizzando queste risposte, si vede che il 70% dei soggetti sono tornati a svolgere lo stesso livello di attività quotidiane che avevano prima della frattura e del successivo intervento. Ma questa non è la sola scoperta.
Vita sedentaria pre-frattura e ritorno all’attività
Un altro dato interessante che emerge dallo studio presentato durante il congresso è che più il paziente faceva vita sedentaria prima della frattura più aumentava la probabilità che tornasse allo stesso livello di attività che svolgeva prima dell’infortunio.
Nel campione preso in esame l’81,9% dei pazienti che rientravano in questo primo caso hanno recuperato completamente le proprie attività, il che significa massimo successo per il paziente.
Diverso discorso vale per aveva un alto livello di attività pre-frattura: in questo caso tornare alla normale attività fisica può essere più difficile; nel campione preso in esame ci è riuscito il 60,5% dei pazienti.
D’altronde, se prima della frattura lo sforzo richiesto alla caviglia era basso è più facile poter tornare a fare lo stesso. Dallo studio emerge poi un altro fattore importante da tenere in considerazione, di natura psico-emotiva. La paura.
La paura di farsi male di nuovo
Secondo Hadley, il 39,5% di non ritorno alle attività pre-frattura è una percentuale troppo elevata, a meno di non pensare che gli interventi di riparazione siano fatti male. Secondo il ricercatore è più probabile che il problema stia da un’altra parte. E, con i colleghi, lo ha cercato.
Dal momento che non vi sono correlazioni statisticamente significative tra il livello di attività preoperatorio e il fatto di non riuscire a tornare a svolgere tutte le attività pre-frattura, non resta che pensare che “nei pazienti ad alto livello di attività la paura giochi un ruolo fondamentale.
Quando la paura di farsi nuovamente male viene eliminata, allora questi pazienti possono tornare alle precedenti attività”, se la caviglia è ben fissata.
Questa presentazione pone l’accento sull’aspetto psicologico del paziente, una componente spesso lasciata ai margini, ma che gioca tanto sul recupero dei pazienti, non solo dopo una frattura di caviglia.