La rottura del legamento crociato anteriore è una lesione che si manifesta in prevalenza nella popolazione sportiva, in particolare in atleti che giocano a calcio, rugby, pallacanestro, tennis, sci e pallavolo. I gesti atletici che più favoriscono la lesione sono, infatti, la decelerazione, i salti con successivi atterraggi e i movimenti di taglio/rotazione.
La lesione può essere riparata solo con un intervento di ricostruzione chirurgica. Nella maggior parte dei casi, gli atleti decidono di sottoporsi a riparazione spinti dal desiderio di poter tornare a giocare agli stessi livelli di prima dell’infortunio. Un desiderio comprensibile che, però, non sempre viene atteso.
La letteratura ci dice, infatti, che solo tra il 67-88% degli atleti di élite tornano davvero in campo. E la situazione non è migliore se si pensa alla performance, che torna ai livelli pre-lesione solo per il 63-67% dei soggetti. E stiamo parlando di agonisti che hanno fatto dello sport la propria professione. Poco si sa degli atleti hobbisti o che praticano sport a livelli più bassi. Proprio su questi atleti si concentra uno studio olandese pubblicato su BMC Musculoskeletal Disorders.
Il metodo di studio usato
Gli autori hanno condotto uno studio retrospettivo in un singolo ospedale, l’University Medical Center di Groningen. In tutto sono 370 le riparazioni di crociato anteriore incluse nello studio, con un follow-up medio di 4,6 anni. I ricercatori hanno quindi ricontattato i soggetti, chiedendo loro di esprimersi riguardo alla fiducia che hanno nel proprio ginocchio e nella sua capacità di sostenere i carichi, ma non solo.
I pazienti hanno utilizzato il Tegner Activity Score (TAS) per dare indicazione della propria partecipazione agli sport prime e dopo l’intervento; infine, hanno valutato se il ritorno in campo è stato come lo desideravano, in termini di performance.
Oltre a intervistare i pazienti, gli autori hanno anche effettuato delle analisi statistiche multivariate per individuare fattori che possono interferire con il ritorno in campo e la performance sportiva, sia di carattere personale che chirurgico. Per esempio, sono stati presi in considerazione il genere, l’età, l’altezza e il peso del paziente e il suo TAS preoperatorio, così come il diametro del graft utilizzato, la tecnica chirurgica e la presenza di altre lesioni concomitanti.
Quali fattori influenzano il ritorno in campo?
I risultati dell’analisi multivariata mostrano che nessuno dei fattori chirurgici presi in considerazione incide sul ritorno allo sport di atleti non di elite dopo una ricostruzione del crociato anteriore. La variabile che, invece, incide è il genere: le donne sono favorite, in questo senso. La performance, invece, è influenzata dal TAS pre-operatorio: più è basso e più facilmente l’atleta tornerà a giocare allo stesso livello pre-lesione.
Interessante osservare anche che, tra i pazienti che ottengono il ritorno in campo e gli stessi livelli di performance, c’è maggior fiducia nella forza del proprio ginocchio, forse anche questo incide sull’intensità dei loro allenamenti e sulla determinazione.
Lo studio: Robben, B.J., Keuning, M.C., Zuurmond, R.G. et al. In non-elite athletes, women are more likely to return to sports after anterior cruciate ligament reconstruction: a retrospective cohort study. BMC Musculoskelet Disord 25, 739 (2024). https://doi.org/10.1186/s12891-024-07834-y