La letteratura dimostra che la riabilitazione post ictus è un percorso essenziale perché consente alle aree del cervello che hanno subito un danno, e a quelle loro limitrofe, di riorganizzarsi per ristabilire una serie di funzioni. In altre parole, la riabilitazione sostiene la plasticità sinaptica.
Il raggiungimento di obiettivi importanti necessita di percorsi lunghi e di una grande costanza e aderenza terapeutica da parte del paziente. Spesso la riabilitazione, che inizia nelle fasi acute della malattia, deve proseguire anche nelle fasi croniche.
Come sostenere il paziente in questo percorso, a maggior ragione quando ci si sposta da un setting ambulatoriale a uno domiciliare? Secondo un recente studio randomizzato e controllato giapponese, la realtà virtuale può essere un valido aiuto nella riabilitazione a domicilio.
Lo studio
Pubblicato sul Journal of NeuroEngineering and Rehabilitation, lo studio è stato condotto presso due ospedali e ha coinvolto 14 pazienti con ictus in forma cronica, con necessità di riabilitare una mano paretica.
I soggetti sono stati suddivisi in due gruppi. Il primo ha seguito un iter riabilitativo domiciliare di quattro settimane, supportato dal sistema di Realtà Virtuale RAPAEL Smart Glove™. Il percorso prevedeva una sessione da 30 minuti al giorni, 5 giorni su 7.
Grazie alla realtà virtuale questi pazienti hanno seguito un programma riabilitativo divertente, nel quale indossare un guanto e poter quindi effettuare azioni in un ambiente virtuale, come tagliare una carota, spremere una garanzia, versare un bicchiere di vino.
Il gruppo di controllo, invece, ha seguito una tradizionale riabilitazione domiciliare, sempre fatta di sessioni da 30 minuti per 5 giorni la settimana, per un totale di quattro settimane.
Anche in questo caso gli esercizi hanno coinvolto l’avambraccio, il polso e le dita della mano, con un programma stabilito dal terapista.
L’unico supporto aggiuntivo a questi pazienti è stato un depliant descrittivo. I pazienti di entrambi i gruppi sono inoltre stati seguiti da un terapista occupazionale una volta la settimana per tutto il periodo di studio.
Gli autori hanno preso in considerazione una serie di misurazioni, per confrontare gli esiti dei due approcci: FMA-UE, MAL, JTT e BBT score.
Esiti migliori dalla realtà virtuale
Una volta confrontati i risultati ottenuti dai due gruppi, risulta evidente che il percorso con la realtà virtuale ha dato esiti migliori, in quasi tutti i parametri presi in considerazione, il FMA-UE, il MAL, il JTT e il BBT.
Importante, in questo programma, la presenza del terapista occupazionale che, vedendo il paziente all’opera una volta la settimana, ha la possibilità di modificare il programma riabilitativo per allinearlo alle sue nuove esigenze e possibilità.
Va sottolineato che lo studio si basa su un campione davvero molto piccolo e, per questo, gli esiti esposti vanno presi come un condizionale: servono ulteriori conferme per poter raggiungere una chiara evidenza.
Allo studio hanno partecipato la Juntendo University Graduate School of Medicine, Tokyo e la Juntendo University Faculty of Health Science.
Studio: Ase, H., Honaga, K., Tani, M. et al. Effects of home-based virtual reality upper extremity rehabilitation in persons with chronic stroke: a randomized controlled trial. J NeuroEngineering Rehabil 22, 20 (2025). https://doi.org/10.1186/s12984-025-01564-5