L’artrosi di ginocchio è probabilmente il tipo di artrosi più frequente, con una frequenza fino a tre volte superiore a quella di anca. La prevalenza della malattia aumenta con l’età, raggiungendo il 20-30% della popolazione tra i 60 e i 70 anni, il 30% tra i 70 e gli 80 anni e arrivando al 40-50% dopo gli 80 anni. Chi soffre di artrosi cerca strategie di movimento per diminuire il dolore a carico dell’articolazione e può sperimentare difficoltà nel passo: fattori che possono aumentare il rischio di caduta.
Per capire se esista una relazione tra rischio di caduta in anziani con artrosi di ginocchio e forza muscolare, potenza muscolare e strategie di controllo del movimento, l’Irccs Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna ha da poco avviato l’arruolamento per uno studio ad hoc. Titolo del progetto è PowerAging. Ci si chiede se un invecchiamento attivo possa ridurre il rischio di caduta in pazienti anziani con gonartrosi.
Qual è il profilo di paziente ricercato? Per poter accedere a questo studio, il paziente deve aver ricevuto una diagnosi di artrosi di ginocchio, avere tra i 65 e gli 80 anni e non essere caduto nei 12 mesi precedenti.
Struttura dello studio
PowerAging durerà 24 mesi. All’inizio e alla fine del percorso i pazienti verranno sottoposti a Risonanza Magnetica degli arti inferiori in posizione supina e analisi del cammino. Queste misurazioni permetteranno ai ricercatori di cercare relazioni tra un prima e un dopo.
Che cosa accadrà nel mezzo? Durante i due anni di studio, i pazienti saranno chiamati al Rizzoli solo 5 volte, una ogni 6 mesi, per effettuare alcune valutazioni. Vediamo quali. Verrà misurata la forza dei muscoli che agiscono sul ginocchio: il paziente dovrà eseguire una serie di movimenti su di una apposita poltrona attrezzata, mentre la forza agita verrà misurata con un dinamometro; contestualmente, grazie alla elettromiografia di superficie, sarà possibile misurare anche il livello di attivazione degli stessi muscoli.
Successivamente si valuterà la potenza muscolare dei muscoli dell’arto inferiore tramite salita e discesa da una scala dinamometrica, con possibilità per i pazienti di reggersi a un corrimano, per poi concentrarsi su misure cliniche che non interessano l’arto inferiore, come la forza della presa della mano e la composizione corporea.
Da ultimo verrà consegnato ai partecipanti un sensore inerziale da indossare per 5 giorni durante le attività quotidiane per valutare il livello di mobilità di ognuno. Alla fine del percorso i ricercatori avranno tutti i dati per ogni paziente. Sarà poi la volta delle analisi statistiche volte a individuare, se esistenti, relazioni tra stato della muscolatura dell’arto inferiore, modalità di movimento e rischio di caduta nei pazienti coinvolti.
Studiare il rischio di caduta nell’anziano
La caduta è un evento funesto per l’anziano, perché spesso causa di frattura da fragilità. Le ossa più coinvolte sono le vertebre, il polso, la spalla e il famigerato femore e tutte, in misura differente, riducono l’autonomia del soggetto. Nel caso della frattura di femore, poi, la letteratura ha addirittura individuato un aumento del rischio di mortalità entro un anno dall’evento.
Per questa ragione è importante studiare i fattori che possono aumentare il rischio di caduta, per individuare strategie di intervento adeguate. Queste possono comporsi di riabilitazione, valutazione dell’ambiente domestico per ridurre i fattori di rischio, cambi di abitudini e altro ancora.
I pazienti che avessero le caratteristiche ricercate e fossero interessati possono contattare l’ing. Paolo Riccioni, del Laboratorio di Tecnologia Medica dell’Istituto bolognese, telefonando allo 0516366565. Medici di base e specialisti che hanno in cura pazienti con queste caratteristiche possono altresì aiutare nel reclutamento, fornendo informazioni rispetto allo studio PowerAging.