Con il termine deformità minori delle dita dei piedi ci si riferisce ad alterazioni sul piano sagittale come dita a martello e dita ad artiglio, causate spesso da ridotta funzionalità dei muscoli del piede rispetto alle dita, da lassità capsulo-legamentosa, da debolezza del muscolo surale o da movimenti disfunzionali della caviglia. Altre cause possono essere il piede cavo e l’artrite reumatoide.
Si tratta di condizioni abbastanza diffuse nella popolazione generale, con incidenza compresa tra il 2% e il 20%, e che sebbene considerate minori possono provocare a loro volta infiammazione locale e callosità dolorose. Il primo approccio terapeutico è di carattere conservativo, mentre la chirurgia viene utilizzata solo per i casi più gravi o nel momento in cui le articolazioni diventano troppo rigide da essere gestite in questo modo.
L’intento degli interventi è ridurre lo sfregamento del dito con la scarpa, causa delle infiammazioni e della formazioni di calli di cui si diceva sopra: a tal fine si scelgono scarpe più adeguate e si usano piccole ortesi.
Questo approccio conservativo funziona davvero? Risponde alla domanda una revisione italiana, pubblicata su Musculoskeletal Surgery.
Caratteristiche delle calzature
Il team piemontese ha valutato gli studi di letteratura incentrati su trattamento conservativo delle piccole deformità delle dita dei piedi, arrivando a confermarne l’efficacia nella maggior parte dei casi, con riduzione della sintomatologia. Tuttavia gli autori della revisione hanno anche sottolineato la necessità di personalizzare al massimo il trattamento, introducendo anche una parte di educazione sanitaria al paziente.
Il confronto dei risultati già presentati ha inoltre permesso di indicare i trattamenti più appropriati: l’uso di scarpe bilanciate e con plantari morbide, un’ampia zona delle dita per consentire l’alloggio del dito deformato e una lunghezza adeguata. Assolutamente da evitare scarpe strette. Altra caratteristica cui prestare attenzione è l’altezza della scarpa al tallone, che non deve essere eccessiva. Possibile anche ammorbidire il contatto tra scarpa e tallone con un feltro.
Il ruolo delle ortesi
La revisione conferma anche il ruolo protettivo che tutori in silicone applicati alla seconda articolazione metatarsofalangea possono avere sulla patologia in fase rigida, in particolare riducendo il picco medio della pressione plantare. L’uso delle fasi iniziali non mostra invece effetti positivi.
Che dire, invece, dei plantari? La revisione ne conferma l’utilità, ma ce ne sono di più efficaci e meno efficaci. Per esempio, se si vuole ottenere un buon risultato può essere utile scegliere un cuscinetto metatarsale da 6,5 mm che riduce la pressione metatarsale del 33% in più rispetto a un plantare di 2,5 mm.
Se al cuscinetto si aggiunge anche un plantare da 12,5 mm, la pressione metatarsale si riduce di un ulteriore 23%. Si conferma, infine, che tutte le soluzioni presentate non sono definitive, ma possono rallentare la progressione della deformità, allontanando nel tempo il momento dell’intervento chirurgico.
Il team che ha svolto la revisione
Questa interessante revisione di letteratura è stata condotto da un team piemontese, afferente a diversi istituti: il Dipartimento di Ortopedia e Traumatologia e il Centro Regionale per le artroplastiche dell’Ospedale di Alessandria, il Dipartimento di Ortopedia e Traumatologia e di Ortopedia e Trauma Center dell’Università di Torino, l’Ospedale di Circolo e Fondazione Macchi di Varese e l’Unità di Ortopedia e Traumatologia dell’Ospedale Maggiore della Carità di Novara, parte dell’Università del Piemonte Orientale.
Lo studio: Colò G, Fusini F, Melato M, De Tullio V, Logrieco G, Leigheb M, Surace MF. The effectiveness of shoe modifications and foot orthoses in conservative treatment of lesser toe deformities: a review of literature. Musculoskelet Surg. 2024 Nov 5. doi: 10.1007/s12306-024-00871-9. Epub ahead of print. PMID: 39500821