Fusione e impianto protesico sono due soluzioni possibili per affrontare la artrosi di caviglia, patologia che colpisce circa l’1% della popolazione mondiale e rappresenta il 2%-4% di tutte le artrosi. Mentre l’artrosi di anca e ginocchio sono per lo più primarie, dovute quindi ai carichi e alle sollecitazioni subite dalle cartilagini articolari, oltre che all’invecchiamento, l’artrosi di caviglia si sviluppa spesso a partire da condizioni traumatiche, come fratture, distorsioni e instabilità articolare cronica.
Di recente il Gruppo di Ricerca di Oxford dedicato al Piede e alla Caviglia del Centro Ortopedico Nuffield ha pubblicato i risultati di uno studio retrospettivo dedicato a capire quale dei due approcci dia esiti migliori, in termini soprattutto di complicanze, ricorso alla revisione e necessità di nuovi interventi. Il lavoro, non ancora sottoposto a peer-review, è disponibili sul server di preprint medRxiv.
Dalla fusione un minor rischio di revisione
Gli autori sono partiti da un ampio database, chiamato Hospital Episode Statistics, collegato anche all’Ufficio Nazionale di Statistica per i dati di mortalità. Qui hanno cercato pazienti sottoposti ad artrodesi o impianto protesico per artrosi di caviglia in stadio avanzato negli ultimi 25 anni, arrivando a costruire una coorte di circa 41 mila soggetti. Tra questi, 10.335 sono stati sottoposti a impianto protesico di caviglia, mentre 30.704 a fusione.
Come prima cosa gli autori hanno valutato il tasso di revisione associato a ognuno dei due approcci: i risultati suggeriscono che la fusione sia più sicura, dato che il suo tasso di revisione è significativamente inferiore a quello dell’intervento protesico, a 5 anni (2% vs 6,1%), a 10 anni (2,5% vs 10,2%) e a 20 anni (3,1% vs 13,55%).
Questa differenza permane anche dopo aver ripulito i dati da possibili fattori confondenti: l’impianto protesico presenta comunque un rischio di revisione più che triplo rispetto alla fusione.
I dubbi intorno alla fusione
La caviglia è una articolazione complessa, in primis perché si sviluppa in uno spazio inferiore rispetto alle altre articolazioni principali del corpo. Inoltre, ha la funzione di permettere il movimento del piede, sostenendo tutto il peso del corpo. Scegliere l’approccio migliore per trattare l’artrosi è quindi fondamentale.
Sino a oggi si è sempre pensato che l’impianto protesico vada a proteggere la mobilità articolare rispetto alla fusione che, in più di uno studio, è stata associata al rischio di mancato consolidamento, oltre che di degenerazione delle articolazioni vicine.
I risultati presentati da questo nuovo lavoro sembrano confutare quest’ultimo dubbio. Gli autori non hanno infatti evidenziato alcuna differenza nel rischio a 25 anni di fusione delle articolazioni limitrofe tra i due tipi di intervento.
Per quanto riguarda le complicanze post intervento, invece, si osserva un maggior rischio di frattura intraoperatoria e di re-intervento per infezione della ferita nell’intervento protesico. Di contro, la fusione dà un rischio maggiore di embolia polmonare.
Se la qualità dello studio verrà confermata, comunque, i chirurghi potrebbero avere qualche informazione aggiuntiva per scegliere il miglior trattamento da utilizzare su ogni paziente.
Studio: Hennessy C, et al. Long term consequences of total ankle replacement versus ankle fusion; a 25 year national population study of 41,000 patients. medRxiv 2025; DOI: 10.1101/2025.02.17.25322408