Da letteratura, la frattura di femore è un evento così traumatico nell’anziano da determinare un aumento del rischio di morte entro un anno. La frattura e il decorso conseguente minano infatti i sottili equilibri fisiologici e fisiopatologici del soggetto. A ciò si unisce spesso anche la perdita di autonomia che, a sua volta, può intaccare la sfera psico-emotiva.

Il numero di fratture di femore non potrà che aumentare nei prossimi anni, a causa del costante invecchiamento della popolazione, incidendo tanto sulla qualità di vita dei pazienti coinvolti, quanto sulle risorse del sistema sanitario nazionale.

Per questo diventa importante capire quali sono i fattori di rischio pre-operatori che aumentano la possibilità che il paziente vada incontro a nuove comorbidità e morte.

L’obiettivo è al centro di un recente studio italiano, condotto dal dipartimento di Ortopedia e Traumatologia dell’Ospedale Morgagni-Pierantoni di Forlì e dall’Università Alma Mater Studiorum di Bologna, che si è focalizzato sui centenari.

Caratteristiche dei pazienti

Per individuare i potenziali fattori di rischio, gli autori sono partiti da 33 centenari trattati per frattura al collo del femore o peritrocanterica, rispettivamente con emiartroplastica di anca o con osteosintesi con chiodo intramidollare bloccato, tra il gennaio 2010 e il dicembre 2020.

Il pool di pazienti preso in considerazione è arrivato in ospedale in media con valori di emoglobina bassi, con l’eccezione di un 21% che li aveva normali; l’85% dei soggetti aveva un indice di Charlson inferiore a 3; il 30% era indipendente nel passo.

Nel post operatorio si è osservato un peggioramento di questi fattori, in particolare dell’anemia, moderata nel 45% dei pazienti e severa nel 18%; per quanto riguarda il passo, invece, nessuno dei pazienti ha ottenuto l’autonomia a un mese dall’intervento, diventando quindi dipendenti dai propri caregiver per molte delle azioni quotidiane.

Proseguendo, il 30% dei pazienti ha sviluppato delirio, il che ha inficiato la qualità del percorso riabilitativo, mentre il 27% è tornato in ospedale per complicanze entro un mese dalle dimissioni.

Per quanto riguarda la mortalità, il 16% è morto entro un mese dall’intervento, il 59% dei restanti entro 6 mesi e il 66% dei restanti entro un anno. Lo studio è riuscito a mettere in evidenza anche alcuni fattori di rischio cui porre attenzione prima dell’intervento.

I fattori di rischio

Gli autori hanno tenuto conto dei dati presentati in precedenza e di altri fattori per calcolare statiticamente i potenziali fattori di rischio, usando in particolare l’analisi statistica di regressione di Cox univariata e il Test dei ranghi logaritmici.

Ciò che hanno evidenziato è che il genere maschile, una grave anemia e uno score Functional Ambulation Categories inferiore a 3 correlano con un altro rischio di morte entro un anno dall’intervento. Questi risultati confermano quanto già sottolineato da precedenti studi e dalla pratica clinica.

Studio: Casadei, R., Lughi, M., Perini, C. et al. Mortality risk factor in centenarians with proximal femoral fractures. Musculoskelet Surg (2025). https://doi.org/10.1007/s12306-025-00888-8

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