Circa il 10% della popolazione italiana soffre di malattie del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo, tra le quali artrite reumatoide e spondilo-artriti. Per scendere nel dettaglio, l’artrite reumatoide interessa circa 400 mila italiani, per lo più donne di età compresa tra i 40 e i 60 anni, mentre le spondiloartriti hanno, nell’insieme, una prevalenza dell’1% circa, colpendo quindi circa 600 mila persone.
La forma di spondilo-artrite più frequente è l’artrite psoriasica.
Tutte queste patologie hanno almeno un sintomo in comune: il dolore. Dolore che può diventare anche invalidante, modificando profondamente la vita del paziente e dei suoi caregiver.
Altro aspetto in comune è la progressione di malattia, che può portare a un peggioramento dei sintomi e, quindi, a disabilità. Come per tante altre patologie, il segreto per aumentare al massimo l’efficienza terapeutica è arrivare presto a una diagnosi.
In questo senso, le linee guida internazionali indicano l’uso della risonanza magnetica come golden standard per effettuare una diagnosi precoce. La risonanza magnetica è in particolare efficace nella fase di transizione del dolore, quando il paziente inizia a provare dolore ma non ci sono chiari segni clinici di malattia: in questa fase la risonanza magnetica riesce invece a mettere in rilievo la presenza di segni subclinici, come sinoviti, edema osseo intraspongioso e la presenza di un danno a carattere erosivo, permettendo al medico di capire quale strategia terapeutica mettere in atto.
Artriti reumatoidi e spondiloartriti
Ci sono alcuni studi in letteratura, realizzati in Germania e Usa e focalizzati sulla spondilite anchilosante, che indicano chiaramente un vantaggio nell’uso della risonanza magnetica che permetterebbe di arrivare a una diagnosi certa entro 3-4 dall’inizio dei sintomi, quando invece il ritardo medio è da 7,5 a 14 mesi.
E, come detto, prima si avviano le terapie specifiche e maggiori sono le possibilità di raggiungere buoni esiti e rallentare la progressione della patologia stessa.
Spiega il prof. Fausto Salaffi, professore di Reumatologia all’Università Politecnica delle Marche ed esperto in imaging per le patologie osteoarticolari: “il ruolo importante della RM risiede non solo nel fare diagnosi differenziale con altre malattie osteoarticolari e permettere una diagnosi precoce, fondamentale per un intervento terapeutico il più tempestivo e personalizzato possibile, ma anche nel dare elementi che consentano di predire l’evoluzione dei segni clinici iniziali verso una o l’altra malattia.
Le linee guida europee ASAS-EULAR indicano chiaramente il ruolo della RM lungo tutto il percorso diagnostico-terapeutico delle principali malattie reumatologiche.
Per comprendere appieno il valore predittivo della RM, basti pensare che il 25% dei pazienti con artrite reumatoide evidenzia, già in fase preclinica, un coinvolgimento dell’articolazione alto-epistrofica a livello del rachide cervicale che può evolvere in una patologia midollare potenzialmente grave per la salute e la stessa sopravvivenza del paziente, sulla quale è invece possibile intervenire precocemente, se individuata in stadio iniziale tramite imaging”.
Nonostante queste evidenze, la risonanza magnetica è ancora poco usata oggi nella diagnosi, anche differenziale, dei pazienti che mostrano dolore articolare e segni di patologie reumatica.
La prima Diagnostic Academy
Per diffondere la consapevolezza del ruolo della risonanza magnetica nella diagnosi dei pazienti con sospetta patologia reumatica, è stata organizzata a Roma la prima Diagnostic Academy per reumatologi, dal titolo “Le sindromi dolorose distrettuali in reumatologia. Ruolo della risonanza magnetica”.
Responsabile scientifico è stato proprio il prof. Salaffi, che ha avuto il supporto della prof.ssa Marina Carotti, responsabile della Sezione Muscoloscheletrica del Dipartimento di Radiologia dell’Università Politecnica delle Marche.
Dice Salaffi dell’evento: “il valore di questa iniziativa risiede nell’aver offerto agli specialisti reumatologi informazioni estremamente pratiche legate alla gestione dell’esame radiologico del paziente e alla refertazione dell’immagine diagnostica.
Una più diffusa e corretta implementazione della risonanza magnetica aprirebbe una nuova finestra delle opportunità entro cui i pazienti devono essere attentamente valutati, diagnosticati e trattati, ma anche monitorati sotto il profilo, non trascurabile, della responsività ai trattamenti. Permane, tuttavia, una scarsa cultura sull’imaging in ambito reumatologico nel nostro Paese.
In tal senso, la due-giorni di Academy ha rappresentato un’importante occasione per avviare una riflessione sull’opportunità di diffondere un modello formativo specifico e diffuso sull’imaging per le patologie osteoarticolari, obiettivo che è già all’attenzione delle società scientifiche di reumatologia”.
Per concludere si sottolinea che la risonanza magnetica nella diagnosi differenziale di questi pazienti può portare all’esclusione di patologia infiammatoria a favore di condizioni anche più gravi, come neoplasie, metastasi, traumatologie e fratture.